Storia

Le informazioni storiche, riportate da questo breve scritto, sono frutto di un deposito di memorie che spaziano per almeno tre millenni e che sono state accumulato nei bagagli dei ricordi delle genti delle Valli del Natisone.

Le storie di questi luoghi hanno due caratteri inconfondibili che ne caratterizzano i contenuti: la strada e il confine. Le Valli del Natisone hanno svolto la funzione di collegare la pianura friulana al bacino del Danubio, e più in generale l’Italia con il Centro Europa, come fossero delle strade, attraverso la quale passarono commercianti, pellegrini, soldati, gente di tante razze e lingue. Ma sulle montagne, che formano una barriera naturale, da lunghi secoli fu tracciato un confine per dividere, difendere, contrapporre.

I romani edificarono, inoltre, una solida strada che, lungo la valle del Natisone, portava nella valle dell’Isonzo ed oltre i passi alpini.

La strada, successivamente, venne percorsa dagli eserciti delle popolazioni barbariche provenienti dall’Europa Centro-Orientale.

I longobardi diedero una sistemazione anche amministrativa alle valli del Natisone: istituirono la gastaldia di Antro con a capo un gastaldo che aveva compiti amministrativi e dipendeva direttamente dall’autorità centrale.

Durante la propria lunga storia il Patriarcato (1077-1420) ha conosciuto lotte e discordie che interessarono anche i signori e i castelli delle valli e fruì di una particolare forma di amministrazione della giustizia e della cosa pubblica. Già in quell’epoca, infatti, esistevano le banche giudiziarie di Antro e di Merso, che giudicavano anche i crimini di sangue, mentre le vicinie e gli arenghi avevano il compito di amministrare la cosa pubblica.

La Repubblica di Venezia (1420-1797) riconobbe alla Schiavonia (così venivano chiamate le valli del Natisone perché abitate da sloveni) gli antichi ordinamenti e privilegi e un’autonomia ancora più ampia. Le vicinie, gli arenghi delle convalli di Antro e Merso, l’arengo grande, che si teneva nei pressi della chiesa di San Quirino erano effettive forme di amministrazione partecipata.

Le vecchie istituzioni resistettero per qualche anno, ma fu il dominio francese dal 1805 al 1813 a dare un assetto del tutto nuovo alle amministrazioni locali e alla giustizia: vennero istituiti i comuni e nuovi tribunali.

L’Austria confermò il sistema amministrativo francese e rimase sorda alle richieste dei sindaci e della popolazione di ripristinare le antiche forme di amministrazione. Per questo motivo gli sloveni del Natisone sostennero e parteciparono al movimento risorgimentale per la liberazione dall’Austria.

Già nel 1914 arrivarono notizie sui primi movimenti di truppe italiane verso le nostre valli. Nei primi mesi del 1915 si stabilirono nei fondovalle e sulle montagne, dove iniziarono a scavare trincee e ad aprire strade.

Nelle prime ore del 24 maggio si videro i bersaglieri partire da San Pietro per puntare su Caporetto.

Era iniziata la prima guerra mondiale. Il conflitto fu lungo e la popolazione ne subì le conseguenze più negative, molti furono i giovani che morirono sui vari fronti. La notte del 24 ottobre 1917: le montagne furono scosse da potenti boati e illuminate da sinistri bagliori.

Dal il 1933 le messe nelle grotte non vennero più cantate e pregate in sloveno e che don Cramaro e don Cuffolo iniziarono a predicare in italiano, su ordine del regime violento instaurato da Mussolini, che qualche anno più tardi condusse l’Italia nel baratro della seconda guerra mondiale (1940-1945).

Questa volta il fronte era lontano, ma sentivo sempre notizie di caduti, di battaglie cruente, di bombar-damenti, di vittime civili, di deportazioni. Purtroppo le valli del Natisone non rimasero esenti da questi orrori.


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