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Lussari

Il Monte Santo di Lussari (che rappresenta il simbolo dell'unione spirituale delle genti alpine), si erge, a sud di Camporosso , a 1789 metri sul livello del mare, in posizione dominante l'intera Valcanale e la conca del Tarvisiano.

Immediatamente a nord-ovest della cima sorge, a quota 1766 , il caratteristico Santuario della Madonna, che risale alla seconda metà del Trecento. Secondo la leggenda il Santuario (inizialmente poco più di una semplice cappella) venne eretto, per disposizione del Patriarca di Aquileia , sul monte in cui fu scoperta fra i cespugli, nel 1360 , da un pastore di Camporosso, una graziosa statua lignea della Madonna col Bambino, che si venera sull'altar maggiore e che si suppone l'originale.

In sostituzione della primitiva cappella venne costruito, sul principio del 1500, il coro attuale, in pietra, compresa la volta. La chiesa con il campanile e le due piccole cappelle laterali, vien fatta risalire alla prima metà del 1600 . Fu consacrata nel 1645 dal vescovo di Lubiana. Da allora il Lussari fu per secoli meta di innumerevoli pellegrini e di frequenti pellegrinaggi provenienti prevalentemente dalla Carinzia, dal Friuli, dalla Carniola e persino dal Tirolo e dalla Stiria. Accanto alla chiesa sorsero nel tempo vari edifici di asilo e ristoro, caratteristicamente allineati sul piccolo costone roccioso ma privi di un vero pregio architettonico.

Nella ricorrenza del quarto centenario (1760) della fondazione, le feste culminarono con tre giorni di solenni pontificali, celebrati dai prelati di Klagenfurt, di Ossiach e di Arnoldstein, con l'assistenza di ventiquattro sacerdoti. Chiusa nel 1786 per ordine dell'imperatore Giuseppe II, la chiesa rimase spoglia e muta (la Madonna fu portata a Camporosso) per qualche anno; su istanza della stessa popolazione di Camporosso e Tarvisio, venne riaperta al culto in seguito al decreto 15 settembre 1790 dell'Imperatore Leopoldo II . Fu ridotta ad un mucchio di rovine da un fulmine che la centrò nel 1807 , ma fu subito ricostruita ed ampliata. Nel 1860 fu compiuto il quinto centenario, con l'affluenza di circa centomila pellegrini nell'arco dell'anno.

Durante la Guerra 1915-18 il Santuario funse da importante osservatorio dell'esercito austriaco per le artiglierie appostate anche nei suoi paraggi; fu incendiato e distrutto nell'estate del 1916 dalle artiglierie italiane di medio calibro che sparavano dalla Val Dogna (il tiro italiano era diretto dall'osservatorio italiano situato sul Jof di Miezegnot a quota 2087); mentre i grossi calibri sparavano da Dogna soprattutto su forte Hensel di Malborghetto. Ma nel frattempo la piccola statua era stata posta nuovamente in salvo a Camporosso; poi sostò a Villaco, Klagenfurt, Maribor e Dravograd. Il Santuario e gli edifici adiacenti furono interamente ricostruiti nel 1924 . La statua della Madonna fu rimessa al suo posto il 24 giugno 1925 . La riconsacrazione avvenne il 1° giugno 1926 da parte dell'Arcivescovo di Gorizia. Così moltitudini di fedeli ripresero a salire l'erta del monte. Degno di nota sarà il nuovo soffitto in legno della chiesa, a carena di nave , ad imitazione, sia pure in dimensioni ridotte, di quello della Basilica di Aquileia. I dipinti delle pareti sono del pittore sloveno Tonj Kralj. Durante la Seconda Guerra Mondiale , e precisamente nel 1943 , la chiesa e le case rimasero abbandonate.

Sotto l'occupazione nazista, qualche rara volta si sentirono suonare le campane del Santuario per l'intraprendenza di turisti o alpinisti di passaggio (come avvenne il 15 agosto 1944, festa dell'Assunzione, con la conseguente messa in allarme delle truppe tedesche di presidio nella zona). Soltanto nel 1948 la sacra immagine fu riposta definitivamente nella sua sede secolare. Ma prima che risalisse sul monte, e precisamente il 20 maggio 1948 , all'insegna della giornata della fraternità, la statua venne portata in solenne processione fino al varco confinario di Coccau, in quel periodo ancora chiuso al libero transito dei civili e posta sopra un altare portatile sulla linea di demarcazione fra le due sbarre. Per ore vennero levate le sbarre; le genti delle vallate, divise e disperse in seguito alle opzioni del 1939, dopo le sofferenze della guerra si riabbracciarono sotto lo sguardo della " Regina della Valcanale " (un secondo, recente pellegrinaggio solenne della statua lungo i paesi del fondovalle è del maggio 1998 ). Nel 1955 Giuseppe Nogara, Arcivescovo di Udine da quasi trent'anni, volgendo alla fine dei suoi giorni, affidava a Mons. Giuseppe Fontana, Decano di Tarvisio, la "spiritualità del Lussari" e la diffusione del culto al Santuario. Qualche anno dopo, nel 1960 , fu celebrato con solennità il sesto centenario, alla presenza dell'arcivescovo Giuseppe Zaffonato , di oltre cento sacerdoti e chierici del Seminario e di fedeli accorsi da ogni parte. In quell'occasione la chiesa fu abbellita di nuove pitture e di vetrate artistiche. L'afflusso di pellegrini e di turisti fu ininterrotto e numeroso tanto più che la modernità bussò alle porte di quel sacro luogo chiedendo di potervi entrare, senza turbare la fresca atmosfera di famiglia e di vivo misticismo, che lassù aleggia incontrastata. Entrò con la corrente elettrica; l'illuminazione interna ed esterna conferì al Santuario, soprattutto di notte e da lontano l'aspetto di un castello incantato. Entrò con la funivia , che mise il Santuario a disposizione di ogni categoria di persone, di quelle che mai avrebbero sognato di salire tanto in lato e di quelle che da tempo, a causa dell'età, avevano ormai dato l'addio alla Madonna di Lussari. Entrò infine con il prezioso acquedotto.

Pietro Treu, Il monte Santo di Lussari , in Il Tarvisiano , CAI-Tarvisio/A.A.S. di Tarvisio, Tolmezzo, 1974.

 

Il monte Lussari d'inverno

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